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La tavola periodica degli elementi è uno schema in cui i vari elementi chimici sono ordinati sulla base del loro numero atomico (il numero di protoni presenti nel loro nucleo) e suddivisi in gruppi che hanno proprietà chimiche e fisiche simili.
La posizione che i vari elementi occupano nella tavola, quindi, consente a chi la legge di dedurre a colpo d’occhio una serie di informazioni fondamentali a proposito delle loro caratteristiche e della loro struttura, ed è proprio l’estrema linearità e schematicità della tavola a renderla ancora oggi uno strumento tanto utile ed efficace.
La tavola periodica, così come noi la conosciamo, è stata ideata dal chimico russo Dmitrij Ivanovic Mendeleev, che il 6 marzo 1869 presentò alla Società Chimica Russa una relazione intitolata L’interdipendenza tra le proprietà dei pesi atomici degli elementi in cui esponeva un suo modello che consentiva di sistematizzare tutte le informazioni relative ai 63 elementi chimici allora noti: la tavola periodica, appunto. Studiando le proprietà dei singoli elementi, infatti, il chimico si era accordo che alcune caratteristiche si ripetevano in modo periodico, e aveva capito quindi che era possibile sistemare i diversi elementi in una sorta di griglia, in modo che le loro proprietà ricorrenti fossero evidenziate nel modo più immediato possibile.
Mendeleev non era l’unico scienziato che, in quegli anni, aveva provato a ideare un sistema che consentisse di raggruppare gli elementi sulla base delle loro caratteristiche chimiche, ma mai nessuno era riuscito a elaborare uno schema che fosse tanto completo ed efficace. Contemporaneamente a Mendeleev, ad esempio, anche il chimico tedesco Julius Lothar Meyer aveva presentato un proprio modello di sistematizzazione, ma mentre Meyer si era limitato a raggruppare in “famiglie” gli elementi che avevano caratteristiche simili, Mendeleev aveva capito che la struttura della tavola consentiva non solo di catalogare gli elementi conosciuti, ma anche di ipotizzare l’esistenza di elementi non ancora scoperti e di predire quelle che sarebbero state le loro caratteristiche. Mendeleev, di conseguenza, ebbe l’intuizione di lasciare vuoti, nella sua tavola, gli spazi destinati a elementi non ancora noti, ipotizzandone però la massa e le proprietà chimico-fisiche in base alla posizione.
Quando, pochi anni dopo la teorizzazione di Mendeleev, furono scoperti lo Scandio, il Gallio e il Germanio, ci si accorse immediatamente che questi nuovi elementi andavano a riempire tre delle caselle lasciate vuote dal chimico russo, e che le loro caratteristiche erano perfettamente in linea con quanto lui aveva previsto. Queste scoperte consentirono di confermare una volta per tutte la validità di quando Mendeleev aveva ipotizzato, e resero la sua tavola il modello di riferimento imprescindibile per la classificazione degli elementi (molti dei quali sono stati scoperti e/o sintetizzati in laboratorio solo decenni – quando non un secolo – dopo il momento in cui il chimico russo ne aveva ipotizzato l’esistenza).
La tavola creata da Mendeleev si rivelò uno strumento assolutamente nuovo, una sorta di compendio che conteneva, in maniera sintetica, tutte le informazioni relative ai diversi elementi conosciuti e che permetteva di correlarli tra loro facendo emergere le loro proprietà ricorrenti. Nella tavola di Mendeleev le righe in cui gli elementi sono sistemati in base al peso atomico crescente vengono dette periodi e le colonne, in cui gli elementi sono raggruppati in base a proprietà chimiche simili, vengono dette gruppi. La base teorica su cui il chimico russo si era basato per costruire la tavola era la cosiddetta Legge di periodicità, che afferma che le proprietà chimico-fisiche degli elementi sono funzioni periodiche delle loro masse atomiche, e che quindi si ripetono ciclicamente.
La tavola era, nella sua sostanza, straordinariamente corretta, anche se per rispettare rigidamente la legge di periodicità Mendeleev fu costretto, in 4 casi, a realizzare delle inversioni, ovvero a collocare elementi con massa superiore prima di elementi con massa inferiore. Il chimico giustificò queste anomalie ipotizzando che ci fosse qualche errore nella determinazione esatta delle masse atomiche dei vari atomi. Tali eccezioni erano, invece, dovute al fatto che Mendeleev, nel creare la tavola, si era basato sulla massa atomica dei diversi atomi (ovvero sulla massa del loro nucleo) e non sul loro numero atomico (ovvero sul numero di neutroni). Il chimico, d’altronde, era ancora legato alla concezione classica dell’atomo, ereditata da Democrito, secondo cui gli atomi erano sfere indistruttibili, impossibili da scomporre in elementi più piccoli. Solo in seguito venne evidenziato che gli atomi sono in realtà composti da un nucleo – nel quale trovano posto i protoni (particelle dotate di carica positiva) e i neutroni (particelle prive di carica) – e da un volume circostante in cui si muovono gli elettroni (particelle dotate di carica negativa), e che ciò che li caratterizza in maniera davvero univoca è il numero di protoni, non la massa atomica, che è inevitabilmente influenzata dal numero di neutroni.
La tavola periodica moderna, quindi, ricalca sostanzialmente quella proposta dal chimico russo, con l’unica differenza che la legge di periodicità su cui si basa viene riformulata in base al numero atomico anziché in base alla massa. In questo modo non è più necessario prevedere alcuna inversione, e i vari elementi risultano perfettamente ordinati e raggruppati sulla base alle loro proprietà chimico-fisiche.
Struttura della Tavola Periodica
Osservando la tavola si nota, in primo luogo, che in essa ogni elemento chimico è chiuso in un riquadro nel quale vengono riportate le informazioni fondamentali che lo definiscono: simbolo, numero atomico e massa atomica.
Accanto a queste informazioni basilari, però, ce ne sono molte altre che possono essere ricavate basandosi sulla collocazione di ogni elemento nella tavola, dal momento che la posizione dei vari elementi fornisce molte informazioni a proposito della loro struttura elettronica.
La tavola periodica moderna conserva, infatti, la suddivisione in gruppi e periodi fissata, nell’Ottocento, da Mendeleev. I periodi si identificano con cifre arabe mentre i gruppi sono indicati con numeri romani eventualmente seguiti da una lettera. Ogni gruppo comprende elementi che hanno uguale configurazione elettronica esterna, ovvero elementi i cui elettroni del guscio di valenza sono disposti in modo simile. I gruppi sono divisi in due categorie fondamentali: da un lato ci sono i gruppi degli elementi principali (o gruppi degli elementi rappresentativi), in cui gli elettroni più esterni occupano gli orbitali s e p, dall’altro ci sono i gruppi degli elementi di transizione, in cui gli elettroni più esterni occupano gli orbitali d. I gruppi degli elementi principali sono solitamente identificati nella tavola periodica da un numero romano da I a VIII seguito dalla lettera A, ma alcuni di questi gruppi hanno anche nomi specifici: il gruppo IA viene detto gruppo dei metalli alcalini, il gruppo IIA gruppo dei metalli alcalino-terrosi, il gruppo VIIA è il gruppo degli alogeni e il gruppo VIIIA quello dei gas nobili. I gruppi degli elementi di transizione vengono indicati con un numero romano e la lettera maiuscola B. Gli elementi delle due serie poste sotto la tavola periodica sono invece detti elementi delle terre rare o elementi di transizione interna
Va sottolineato che l’idrogeno, che pure è posto in testa al gruppo IA, in realtà ha caratteristiche chimiche talmente particolari da non appartenere a nessuna famiglia chimica.
Proprietà Periodiche degli Elementi
La collocazione di un elemento in un preciso punto della tavola periodica, oltre a illustrare la sua configurazione elettronica, spiega anche se quell’elemento gode o meno di determinate proprietà, dette “proprietà periodiche” perché il loro andamento è periodico nella tavola.
Le proprietà periodiche degli elementi sono grandezze caratteristiche degli atomi che derivano dalla distribuzione elettronica, ed è per questo motivo che l’appartenenza allo stesso gruppo implica che elementi diversi abbiano proprietà simili.
Le proprietà periodiche degli elementi sono
-Raggio atomico
-Potenziale di ionizzazione
-Affinità elettronica
-Elettronegatività
Raggio atomico: il raggio atomico di un elemento è definito, convenzionalmente, come la metà della distanza tra i nuclei di due atomi dello stesso elemento, uniti tra loro da un legame covalente. Tale lunghezza diminuisce lungo il periodo e aumenta lungo il gruppo. Muovendosi da sinistra verso destra lungo un periodo, quindi, gli atomi hanno raggio sempre più piccolo, mentre muovendosi dall’alto verso il basso lungo un gruppo gli atomi hanno raggio sempre più grande. Ciò è dovuto al numero complessivo di elettroni (più ce ne sono più il raggio sarà lungo) e dalla forza con cui il nucleo li attrae a sé, forza che diminuisce a seconda del numero complessivo di elettroni presenti (se ci sono molti elettroni, si crea un “effetto di schermo” che indebolisce la forza attrattiva dei protoni del nucleo).
Basandosi su questa proprietà, è possibile affermare che l’atomo con raggio atomico più piccolo è l’Elio (collocato, infatti, nel punto più alto e più a destra della tavola) mentre quello con raggio atomico più grande è il Francio (collocato nell’angolo in basso a sinistra).
Il potenziale di ionizzazione di un atomo è la grandezza che esprime l’energia necessaria per allontanare da quell’atomo il più esterno dei suoi elettroni (trasformando quindi l’atomo in un catione, o ione positivo, ovvero in un atomo dotato di carica). Tale grandezza aumenta lungo il periodo e diminuisce lungo il gruppo: muovendosi da sinistra verso destra lungo un periodo, quindi, è necessario fornire sempre più energia per sottrarre a un atomo il suo elettrone più esterno, mentre mano a mano che si scende lungo il gruppo l’energia necessaria è sempre meno. Le ragioni di questo andamento sono, anche in questo caso, legate alla struttura elettronica dei diversi atomi: mano a mano che ci si muove lungo il periodo, infatti, gli elementi hanno sempre più elettroni nel loro guscio più esterno, e quindi sono molto vicini a ottenere l’ottetto stabile, che gli consente di avere la maggiore stabilità elettronica.
Tale condizione è particolarmente evidente negli elementi dell’ottavo gruppo, che hanno una configurazione elettronica particolarmente stabile e che, per questo motivo, sono detti “gas nobili”: questi elementi – avendo già l’ottetto completo – in condizioni naturali tendono a non reagire con gli altri atomi (quindi a non cedere e non accettare elettroni), e per questa ragione l’energia che bisogna fornirgli per strappargli un elettrone è particolarmente altra. Al contrario, gli elettroni degli elementi collocati nella parte bassa della tavola periodica sono molti e sempre più distanti dal nucleo. La forza attrattiva esercitata dai protoni del nucleo è, quindi, sempre meno potente, e di conseguenza l’energia che va fornita per allontanare gli elettroni esterni è più bassa.
L’affinità elettronica è la grandezza che esprime l’energia che si libera quando un atomo acquista un elettrone. Come il potenziale di ionizzazione – a cui è strettamente legata – anche questa grandezza aumenta lungo il periodo e diminuisce lungo il gruppo: gli atomi molto inclini a cedere i loro elettroni liberano poca energia quando ne acquistano, mentre al contrario gli atomi molto inclini a conservare i loro elettroni (quindi quelli più vicini all’ottetto stabile) quando ne acquistano liberano una quantità maggiore di energia.
Seguendo l’andamento crescente di questa proprietà, l’atomo che più facilmente formerà uno ione negativo è il Fluoro, quello che lo farà meno facilmente è il Francio. Gli elementi del blocco s non formano normalmente ioni negativi, mentre lo fanno gli elementi dei gruppi VIA e VIIA.
L’elettronegatività indica la capacità di un atomo di attrarre a sé gli elettroni di legame, di un altro atomo, quando si unisce ad esso per formare una molecola. L’elettronegatività, come il potenziale di ionizzazione e l’affinità elettronica, aumenta lungo il periodo e diminuisce lungo il gruppo: gli atomi con alta affinità elettronica, quelli più vicini ai gas nobili, sono infatti i più disponibili a creare legami con altri atomi, perché gli bastano pochi elettroni per raggiungere la condizione di stabilità cui aspirano. Anche in questo caso, quindi, l’elemento più elettronegativo è il Fluoro, quello meno elettronegativo è il Francio.
Metalli e non Metalli
L’ultimo genere di informazione relativo ai diversi elementi che può essere dedotto dall’osservazione della tavola periodica è quello che riguarda la classificazione dei vari atomi in tre gruppi fondamentali: metalli, semi-metalli, non metalli.
Fanno parte dei metalli gli elementi dei gruppi IA (tranne l’idrogeno), IIA e IIIA (tranne il boro), gli elementi di transizione e di transizione interna, stagno e piombo del gruppo IVA e il bismuto del gruppo VA. Tutti i metalli, a eccezione del mercurio, a temperatura ambiente sono solidi. La loro struttura elettronica è caratterizzata da bassa elettronegatività e da basso numero di elettroni negli orbitali di valenza. I metalli sono caratterizzati da
-Buona conducibilità elettrica;
-Buona conducibilità termica;
-Elevata durezza (misurabile con la scala di Mohs);
-Elevata densità;
-Malleabilità (proprietà di essere lavorati per ottenere lamine sottili);
-Duttilità (proprietà di essere lavorati per ottenere fili);
-Alti punti di fusione.
I diversi metalli hanno proprietà chimiche diverse: alcuni, ad esempio l’oro e l’argento reagiscono con difficoltà e sono perciò detti metalli nobili, mentre altri, come ad esempio il ferro, sono molto inclini a legarsi ad altri atomi e, di conseguenza, in natura non si trovano quasi mai in forma non combinata.
I metalli reagiscono con l’ossigeno per dar luogo a una serie di composti detti ossidi basici, e questi reagendo con l’acqua danno origine agli idrossidi. Reagendo con i non metalli danno i sali.
Fanno parte dei non metalli i gas nobili, tutti gli elementi del gruppo VIIA e ossigeno, zolfo, selenio, azoto, fosforo, carbonio e idrogeno. I non metalli sono caratterizzati da alta elettronegatività e dalla presenza di molti elettroni sugli orbitali di valenza. A temperatura ambiente alcuni non metalli sono solidi, ma la gran parte di loro è aeriforme: tutti i gas nobili sono in forma di gas monoatomici (formati di singoli atomi) mentre altri non metalli formano gas biatomici, come l’idrogeno, H2, l’ossigeno, O2, e l’azoto, N2. I non metalli hanno proprietà opposte a quelle dei metalli
-Scarsa conducibilità elettrica;
-Scarsa conducibilità termica;
-Scarsa duttilità;
-Scarsa malleabilità;
-Elevato potere isolante;
I vari non metalli hanno reattività chimica diversa: alcuni sono molto reattivi, altri – come i gas nobili – lo sono molto poco. I non metalli reagiscono con l’ossigeno per dar luogo a una serie di composti detti ossidi acidi o anidridi, che a loro volta reagiscono con l’acqua dando origine agli acidi. Tendono a formare ioni negativi.
I semimetalli (o metalloidi) sono: boro, silicio, germanio, arsenico, antimonio, tellurio e polonio (tutti elementi collocati nel blocco p). Hanno orbitali di valenza semipieni e valori intermedi di elettronegatività. Hanno proprietà intermedie tra quelle dei metalli e dei non metalli: sono semi-conduttori, quindi conducono l’elettricità, ma lo fanno in modo meno efficace rispetto ai metalli. Il loro comportamento chimico varia a seconda dell’elemento con cui reagiscono, per cui vengono detti anfoteri.
In linea generale, e fatte salve le differenze dovute alle caratteristiche dei singoli elementi, è possibile dire che il carattere metallico dei diversi elementi della tavola periodica tende a essere alto per gli atomi collocati nella parte bassa e sinistra della tavola, mentre il carattere non metallico aumenta nella parte alta e destra della tavola.