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Una reazione chimica può essere definita come il processo che, tramite la variazione della modalità con la quale gli atomi risultano fra loro legati per formare specie chimiche più complesse (molecole o ioni), porta ad una ricombinazione degli stessi atomi con la formazione di specie chimiche diverse da quelle di partenza.
A partire dall’evidenza che tutto ciò che ci circonda, solido liquido o gassoso che sia, è costituito da atomi organizzati fra loro in modo preciso tramite legami chimici per formare molecole e, in minima parte, da atomi isolati sottoforma di molecole monoatomiche, lo studio delle reazioni chimiche è potenzialmente in grado di descrivere e spesso anche di prevedere la stragrande maggioranza dei mutamenti più intimi della materia, ed in particolare quelle che comportano la trasformazione di una sostanza chimica in un’altra.
Una nota di particolare rilievo, che deriva direttamente dalle definizione data di reazione chimica e che tornerà utile anche per definire in seguito quelle che “non sono” reazioni chimiche, prende le mosse dall’essenza stessa del legame chimico. Qualsiasi tipo di legame chimico che tenga insieme gli atomi per formare una molecola o uno ione, interessa e coinvolge in modo specifico i suoi elettroni più periferici, ovvero quelli collocati in gusci elettronici più esterni, più distanti dal nucleo e quindi a minore energia. Anche trascurando la tipologia specifica dei legami chimici coinvolti, la natura della specie chimica e l’effetto della reazione considerata, possiamo quindi affermare che una reazione chimica è un fenomeno che non si spinge più profondamente, come grado di incidenza sulla struttura atomica dei reagenti, rispetto all’organizzazione degli elettroni più periferici. D’altronde tutta la chimica sta proprio lì, in quel manipolo di elettroni più esterni di ciascun atomo, quelli a minore energia, quelli che, risentendo indirettamente dell’effetto dell’organizzazione atomica più “interna”, determinano le caratteristiche chimiche e quindi anche reattive dell’elemento, da solo o all’interno di molecole.
Una reazione chimica descrive un fatto che avviene su base temporale, ovvero quella che anche al di fuori della chimica verrebbe a definirsi come una trasformazione, e come tale comporta che vi siano “un prima” ed un “dopo”, da collocarsi su di una scala dei tempi che può passare dalle semi-istantaneità all’arco dei secoli. Le specie chimiche presenti “prima” della reazione, ovvero quelle originarie che vengono poi trasformate nella reazione medesima, prendono il nome di “reagenti”; quelle inizialmente assenti ma che si formano “dopo”, per effetto della reazione prendono il nome di “prodotti”.
Nella stragrande maggioranza dei casi una reazione chimica coinvolge, nei reagenti e/o nei prodotti, non una soltanto ma due o più specie chimiche differenti. Anche se non mancano certamente i casi nei quali un unico reagente di scinde in più prodotti, oppure più reagenti si assemblano in un prodotto solo, nella maggior parte dei casi assistiamo alla reazione fra due o più reagenti per la formazione di due o più prodotti di reazione.
TRASFORMAZIONI CHE NON SONO REAZIONI CHIMICHE
Non sono quindi reazioni chimiche le semplici transizioni di stato, come ad esempio l’evaporazione/ebollizione, la fusione, la condensazione, la solidificazione e la sublimazione di una sostanza: in questi fenomeni, infatti, le molecole rimangono intatte nei legami che le costituiscono e quello che cambia è la modalità (e di conseguenza la forza) con la quale l’insieme delle molecole dello stesso tipo interagiscono tra loro.
Interazioni molto forti tra una molecola e l’altra (o tra i diversi ioni nel caso di una specie chimica ionica), con distanze e posizioni sostanzialmente definite, corrispondono allo stato solido; interazioni più labili e mutevoli, ma comunque fortemente attrattive corrispondono allo stato liquido, mentre interazioni molto deboli, con la possibilità da parte delle molecole di allontanarsi o avvicinarsi liberamente l’una dall’altra corrisponderanno allo stato aeriforme gassoso.
La natura delle specie chimiche descritte resta tuttavia sempre la stessa perché nulla è cambiato, in una semplice transizione di stato, nella tipologia dei legami che tengono uniti un atomo con l’altro all’interno della stessa molecola.
Altra esclusione è quella relativa alle cosiddette reazioni nucleari, termine con il quale si intende solitamente una trasformazione a carico non dell’ambiente elettronico (come invece capita nelle reazioni chimiche), bensì della struttura del nucleo di un atomo. Dato che è proprio l’identità del nucleo, ed in particolare il numero di protoni in esso contenuti, a definire la natura di un elemento chimico e quindi a farne la differenza rispetto ad un elemento diverso fra i cento e più conosciuti, si può dire che una reazione nucleare porta alla trasformazione di un elemento in un altro. Le reazioni nucleari non possono quindi essere considerate trasformazioni appartenenti al campo di competenza della chimica (che inizia a definire il suo campo di pertinenza “a partire” dal livello di organizzazione dell’atomo, non al di sotto), per quanto ne condividano alcuni formalismi di rappresentazione schematica, in forma di “reazione” appunto, ma appartengono probabilmente di più al campo della fisica ed in particolare della cosiddetta fisica nucleare.
Un caso di confine può essere rappresentato dalle interazioni di tipo supramolecolare, con le quali molecole “fatte e finite” (dello stesso tipo o di tipo differente) si organizzano fra loro spazialmente, tramite legami di solito piuttosto deboli rispetto a quelli interni a ciascuna molecola, creando i presupposti per una particolare organizzazione di ordine superiore a quella chimica. Dato che l’oggetto della chimica sono essenzialmente le molecole, questo tipo di organizzazione reciproca fra le molecole viene spesso definita supramolecolare, cioè “al di sopra di quella molecolare” e crea come un ponte fra la chimica e le discipline scientifiche più macroscopiche, come ad esempio la scienza dei materiali e la biologia molecolare.
Il passaggio dei “reagenti” da uno stato disorganizzato ad uno organizzato può essere in qualche modo interpretato come una reazione chimica, per quanto ciascuna molecola potrebbe esistere e di fatto esisteva inizialmente, anche in forma indipendente e continua a mantenere la sua identità di specie chimica anche nel prodotto di reazione.
Casi di questo genere sono per esempio la creazione di micelle a partire dai sali degli acidi grassi in soluzione sia acquosa che di solvente apolare, il trattenimento di un catione inorganico all’interno della cavità avente un ben preciso diametro (e quindi molto selettiva verso il raggio ionico dell’ospitato) negli eteri corona, introduzione di una piccola molecola nella cavità conica dei calixareni, ma anche l’accoppiamento in foglietti beta delle catene proteiche, l’interazione enzima-substrato e persino l’accoppiamento fra due filamenti di DNA per formare la nota struttura a doppia elica.
Si tratta di un argomento a tal punto affascinante e dalla conseguenze così presenti nella nostra vita anche di tutti i giorni che sono certo avremo modo di tornarci nelle prossime settimane con un intervento appositamente incentrato su di esso.
MODALITA’ DI RAPPRESENTAZIONE DI UNA REAZIONE CHIMICA
La notazione grafica utilizzata per rappresentare una reazione chimica prende spunto dalla matematica mutuando l’idea di equazione: in questo caso l’uguaglianza fra i membri sinistro (reagenti, R) e quello destro (prodotti, P) dell’equazione è riferita in primo luogo al numero ed all’identità degli atomi, che in alcun modo possono crearsi, distruggersi o trasformarsi l’un l’altro nel corso della reazione.
In secondo luogo, esistono criteri un po’ più sottili (che per il momento NON prenderemo in considerazione) che devono essere rispettati nell’estensione formalmente corretta dell’equazione chimica, specie quando sono rappresentate specie chimiche scritte in modo “incompleto”, ovvero che non potrebbero esistere tal quali isolate in natura, ad esempio gli ioni: in questi casi risulta fondamentale tenere conto, oltre al bilanciamento del numero di ciascun tipo di atomi fra i due membri dell’equazione, anche del bilanciamento delle cariche elettriche (principio di conservazione della carica), che non deve trascurare gli eventuali elettroni scambiati da un atomo all’altro.
Ma parlando di questo siamo già andati ben oltre lo scopo di questo intervento.
In realtà il ricorso al concetto di “equazione” nel descrivere una reazione chimica regge fino a un certo punto, fino cioè al punto in cui ci serve effettuare su di essa dei calcoli matematici, magari allo scopo di valutare le dosi di reagenti da utilizzare o prevedere la quantità di prodotti teoricamente ottenibili. Dal punto di vista concettuale, invece, una reazione chimica non può essere intesa come la rappresentazione di un’uguaglianza bensì come un processo di vera e propria trasformazione che avviene su scala temporale, fra un “prima” ed un “dopo”, come già descritto nel capitolo precedente, con la formazione di prodotti che sono di fatto, almeno dal punto di vista chimico, diversi dai reagenti.
La reazione stessa, che porta dai reagenti ai prodotti, è rappresentata con una freccia direzionale, da sinistra a destra. Nel caso di trasformazione di un reagente R in un prodotto P possiamo scrivere lo schema di reazione come segue
Nel caso in cui sia presente insieme al reagente R un’altra specie chimica (Z) che non è coinvolta nella reazione, essa si troverà tal quale tra i prodotti
Solitamente le specie chimiche che non reagiscono non vengono riportate nello schema di reazione: è il caso del solvente, ovvero del materiale, nel più dei casi liquido, nel quale sono sciolti i reagenti e nei quali troveremo alla fine sciolti i prodotti della reazione. Il solvente, ed eventuali altre specie chimiche che a vario titolo possono essere presenti nella miscela iniziale pur senza venire trasformate dalla reazione, possono essere riportate sopra ed eventualmente sotto alla freccia di reazione, insieme ad eventuali annotazioni in merito alle condizioni di reazione.
Questo schema di reazione indica la trasformazione del reagente R nel prodotto P, all’interno di una soluzione acquosa, alla temperatura di 80°C ed in presenza di una specie chimica “cat” che assiste alla reazione, magari favorendola come ad esempio un catalizzatore.
Ovviamente in sistemi molto complessi, come ad esempio in un prodotto di origine naturale costituito da centinaia di specie chimiche differenti in miscela, la reazione che ci interessa rappresentare potrebbe riguardare un numero molto limitato di reagenti, magari solo due o addirittura uno soltanto: in questo caso, molto semplicemente, tutte le altre specie chimiche presenti nella miscela vengono ignorate dalla notazione semplificata della reazione.
Spesso davanti alla formula dei reagenti e dei prodotti è riportato un numero, chiamato coefficiente stechiometrico di reazione: esso indica semplicemente il numero delle molecole di ciascuna specie chimica che entra a far parte della reazione, consumandosi o venendo prodotto. In ogni reazione solitamente le molecole coinvolte di ciascuna specie chimica sono in un numero terribilmente elevato, per lo meno di miliardi di miliardi, per cui quando si parla di “numero di molecole” si intende semplicemente il rapporto minimale fra le molecole di ciascuna specie chimica che fra loro reagiscono o vengono prodotte
In questo caso, per esempio, 2 molecole di A reagiscono con 2 di B per formare come prodotti una molecola di C e tre molecole di D. Ragionando in grande, ovvero in dosi “pesabili” di sostanze chimiche, tutto viene riportato proporzionalmente in scala, ma attenzione! La proporzionalità non è tra i coefficienti di reazione ed il peso delle sostanze, bensì fra i coefficienti di reazione ed il numero di moli (nota per i puristi: non fatemi tirare fuori in questa sede l’argomento degli equivalenti!). Cos’è una mole? Cercando di liquidare in due righe questo concetto in realtà di non così immediata comprensibilità, possiamo dire che corrisponde al peso, espresso in grammi, di un numero di molecole (o di atomi nel caso di una specie monoatomica) di quella sostanza pari al numero di Avogadro. Se la molecola è leggera, ovvero composta da pochi atomi e fra i primi della tavola periodica (es. metano, CH4) singolarmente essa avrà un peso assoluto molto basso: in questo caso lo stesso numero di Avogadro di molecole corrisponderà ad un peso in grammi inferiore rispetto a quello che si avrebbe magari con una molecola composta dallo stesso numero di atomi ma magari di elementi più pesanti (es. tetracloruro di carbonio, CCl4), ed ancora più rispetto ad una avente un numero più elevato di atomi più pesanti (es. esacloroetano, C2Cl6).
L’impiego dei coefficienti di reazione, in combinazione con il calcolo del peso molecolare della molecola (in pratica il peso di una “mole” della sostanza), permette al chimico di conoscere la giusta quantità di reagenti da pesare in funzione della reazione desiderata, dando inoltre la possibilità di prevedere, nei limiti della resa, la quantità in peso di ciascun prodotto di reazione ottenibile.
La notazione relativa ad una reazione chimica può utilizzare formule brute, di semi-struttura o di struttura per indicare la natura dei reagenti e dei prodotti.
Le formule brute si utilizzano soprattutto per le sostanze inorganiche; quelle di semi-struttura (es. CH3COOH invece di C2H4O2) per le molecole organiche più semplici al fine di evidenziare in esse il gruppo funzionale, ovvero la parte della molecola soggetta a reazione.