La natura degli atomi è molto diversa dal mondo che sperimentiamo quotidianamente. Tutto ciò, vale a dire il comportamento di piccole particelle come gli atomi e gli elettroni, era già stato scoperto all’inizio del secolo scorso e descritto dalla meccanica quantistica. Grazie ad essa, oggi sappiamo che l’atomo non può essere considerato come una sfera rigida e gli elettroni non ruotano intorno ad un centro. In realtà, gli elettroni possono muoversi anche nello spazio esterno all’atomo, e questo è quello che si chiama effetto tunnel.
Il tunnelling quantistico (o effetto tunnel) venne postulato per la prima volta nel 1928 dal fisico ucraino George Gamow per spiegare il decadimento alfa, in cui una particella ⍺ (un nucleo di elio, 4He) viene emessa da un nucleo in quanto riesce a superarne la barriera di potenziale.
Tale situazione non avviene nella meccanica quantistica. Nel mondo quantistico, infatti, una particella è associata ad una funzione d’onda che prevede una probabilità, piccola ma concreta, di attraversare una barriera di potenziale più elevata dell’energia posseduta dalla particella stessa.
E’ possibile dimostrare che la soluzione dell‘equazione di Schrödinger all’interno di una barriera di potenziale è rappresentata da una funzione esponenziale decrescente; poiché le funzioni esponenziali non raggiungono mai il valor nullo, esiste una minima probabilità che la particella si trovi al di là della barriera dopo un intervallo di tempo. Infatti, esiste un certo grado di indeterminazione tra i vari livelli energetici ed il tempo, che si traduce in rapide fluttuazioni dei sistemi microfisici. Ciò significa che per tempi estremamente brevi (Δt), dell’ordine di diversi miliardesimi di secondo, gli elettroni possono avere un’energia sufficiente (ΔE) per oltrepassare la barriera di potenziale, altrimenti insuperabile. Tuttavia, il principio di indeterminazione di Heisemberg vincola tale effetto ad una rapidissima restituzione dell’energia utilizzata per far avvenire tale transizione (ΔE•Δt ≥ h/4π) . Per lo stesso principio non sarà possibile osservare la particella durante l’attraversamento della barriera, ma soltanto prima e dopo la transizione.
L’effetto tunnel, impossibile per la fisica classica, è stato ampiamente dimostrato sperimentalmente a livello atomico, ed è alla base di vari fenomeni che avvengono in natura, come la radioattività e le reazioni di fusione nucleare delle stelle.
D’altra parte, molte delle recenti nano-tecnologiche si basano sull’effetto tunnel, tra i quali le giunzioni tunnel a stato solido per elettroni, dove due metalli sono separati da un sottile strato isolante (MIM); le giunzioni di tipo superconduttore-isolante-superconduttore (SIS) ed i conseguenti dispositivi superconduttivi a interferenza quantistica; le giunzioni ferromagnete-isolante-ferromagnete ed i conseguenti dispositivi di memoria MRAM (Magnetoresistive Random Access Memory).
Nell’ambito della ricerca scientifica di base, l’effetto tunnel ha permesso lo realizzazione del microscopio a scansione per effetto tunnel (STM, Scanning Tunnelling Microscope), uno strumento indispensabile per lo studio delle superfici solide. Questo strumento è stato inventato da Gerd Binnig e Heinrich Rohrer nel 1981 per poter visualizzare gli atomi su una superficie di metallo. Tale invenzione valse loro il premio Nobel per la fisica nel 1986.
Il funzionamento di un STM è relativamente semplice: variando la distanza tra una punta metallica e la superficie del campione è possibile visualizzare la morfologia delle strutture superficiali e misurare localmente la densità degli stati (spettroscopia locale). Tuttavia, come conseguenza dell’effetto tunnel, gli atomi possono essere visualizzati soltanto come oggetti dalla superficie increspata e non come sfere rigide. Infatti, l’effetto tunnel prevede che avvicinando due atomi tra loro, un elettrone possa saltare da una parte all’altra, poiché i due atomi pur non toccandosi direttamente tra loro vengono ad essere leggermente a contatto in corrispondenza della regione increspata costituita dalla nube elettronica.
L’intensità della corrente di tunnel, estremamente sensibile alla distanza che è presente tra la punta del microscopio e gli atomi di superficie, viene così rilevata da un meccanismo di controllo automatico. In questo modo la punta riesce a seguire il profilo di una fila di atomi ricostruendo la topografia della superficie del campione. Con un STM si possono raggiungere delle precisioni molto elevate (fino a 1 Å) ed ottenere degli ingrandimenti fino a 100 milioni di volte di atomi di superficie.
Oltre a ciò, è stato osservato che il microscopio ad effetto tunnel può essere utilizzato come un vero e proprio strumento per intervenire su materiali conduttori a livello atomico e molecolare. Ciò significa poter agire, mediante la punta del microscopio, su diverse strutture inorganiche ed organiche in modo selettivo e su scala nanometrica.